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Acqua e mazzo di culo!

La sfortuna dei miei atleti, se vogliamo definirla così, è che io purtroppo per loro mi sento ancora un atleta. Sono cresciuto non “a pane e acqua” ma ad “acqua e mazzo di culo!”, perciò nel tempo si sono consolidati dei meccanismi tali che per me non esiste interrompere un allenamento per mettere bene gli occhialini, piuttosto che essere in ritardo e prendermela comoda, e che dire delle scuse più variopinte che nei miei soli 26 anni di carriera ho sentito, mi ribolle il sangue. Vado controcorrente sappiatelo, lo faccio uscendo dal contesto della squadra che alleno e che ammiro perché nonostante la pandemia ha trovato la forza e la determinazione di continuare, ma fatemelo dire, i ragazzi di oggi in generale hanno sempre mille scuse, certo NON È UGUALE PER TUTTI (per questo evitatemi la paternale nei commenti, grazie!) ma la gran parte delle volte sono proprio i genitori a trovare delle giustificazioni non capendo che così facendo i ragazzi quando si troveranno “da grandi” di fronte ad un problema non sapranno quasi sicuramente cosa fare, perché? Perché hanno una quasi totale incapacità di risolvere i loro “problemi”, in quanto troppe volte ci sono altri che lo fanno per loro. Ma questo non è un problema di tipo sportivo bensì di vita quotidiana, dalla borsa per il nuoto preparata da mamma allo zaino di scuola portato da papà, ogni giorno “noi adulti” non diamo loro la possibilità di crescere mettendoli nella condizione di fare le cose da soli assumendosi le proprie responsabilità. Una volta, moltissimi anni fa, chiesi ad una mia atleta svogliata: “La colazione stamattina chi te l’ha preparata?” “Mamma” rispose annuendo come se fosse OVVIO! Allora le chiesi “a scuola come stai andando?” “Male” rispose, io in realtà intendevo dire se andasse in bus o se l’accompagnasse qualcuno, sapete già la risposta. Chiesi allora chi le preparasse il pranzo, sempre mamma, chiesi chi la portasse in piscina e lei rispose “papà”, chiesi chi facesse il letto o mettesse in ordine la sua stanza o chi facesse la cena e chi facesse la lavatrice, era sempre la madre, che oltre tutto questo lavorava, il padre idem. Ma la cosa sconvolgente fu quando le dissi: “scusa ma tu cosa fai in casa?” E lei rispose “nulla, perché le devo fare io quelle cose?”. Ecco, questo è solo un esempio, purtroppo però vedendo i ragazzi per strada e nei social, mi viene in mente che stiamo fallendo completamente la nostra missione di “educatori”, mi metto dentro anche io che evidentemente nel mio ruolo di allenatore non sono stato capace di trasmettere loro la mia stessa determinazione, il concetto “se lavori sodo ottieni sennò resti quello che sei e se non sei soddisfatto è solo perché non fai ciò che è necessario per migliorarti”. Ho sempre detto ai miei ragazzi che “chi semina merda non raccoglie cioccolata”, è solo una metafora naturalmente ma che dovrebbe far capire che la differenza nel tempo sarà tra una pianta di cacca e una di cioccolato, sono simili nel colore ma il risultato molto diverso. Mi sento fortunato però, perché ormai riesco a capire sin dall’ingresso in vasca come i miei atleti faranno l’allenamento, come il mio mental coach mi insegna cerco di perseverare e trasmettere loro quell’ingrediente necessario per allenarsi bene ma ho perso il conto delle volte che ho sbattuto in un muro di gomma, perché non c’è nulla da fare, se un ragazzo non è determinato al raggiungimento di un obiettivo, quando riusciamo a convincerli con i nostri discorsi il risultato sarà solo temporaneo, si alleneranno bene solo perché glielo diciamo noi, dopodiché tutto tornerà come prima, perché “un vincente può cadere mille volte e ogni volta si rialzerà per riprovarci perseverando verso il raggiungimento del suo obiettivo, un perdente troverà sempre una scusa”. In questa foto ho la faccia “pestata”, gli occhi gonfi perché gli occhialini erano troppo stretti e nonostante mi entrasse l’acqua nella lente destra durante gli 8km mi sono fermato solo una volta per 20 secondi, se mi fossi fermato ancora mi sarei sentito un perdente, perché in realtà come infatti è successo, non avevo davvero bisogno di fermarmi, si trattava solo di accettare la sofferenza nel sopportare la fatica accompagnata dal dolore alla faccia e l’acqua negli occhialini, , perché ragionando in questo modo, almeno per adesso, mi sono salvato. Pensateci se vi va, oppure preparate la borsa ai vostri figli 😉

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