La voce della tempesta.
Probabile fosse solo suggestione ma quella sera non appena messo il piede fuori di casa sentivo ciò che in lontananza si dirigeva verso la nostra città, non era solo una sensazione, e nemmeno lo dicevano le previsioni, ma era la tempesta, che lontana chilometri e chilometri sussurrava il suo arrivo.
Fui sorpreso mentre andavo in strada, dopo aver dato uno sguardo dal portone scassato verso destra e sinistra mi sono spostato il tanto di far scendere di due gradini vecchio stile dell’edificio storico in cui abito i miei tre cani, Joilie la più giovane per prima perché ha sempre avuto bisogno di correre, dietro visibilmente sovrappeso Toby e infine Nina, la gemella diversa di Toby, per l’ultima corsa della giornata.
L’aria era umida, la sensazione nell’ uscire di casa fu stranissima, perché nell’immaginario collettivo di un cagliaritano quando c’è un po’ di vento e quando le previsioni del meteo annunciano temporali, vuol dire che arriva l’inverno, il freddo, ma questo era tutt’altro!
Non so se siete mai stati in Florida durante una tempesta, ma a Miami quando accade, piove e tira vento da volare ma c’è quel caldo umido, soffocante di per sé che accentuato dalla pioggia alla fine ti porta a soffrire non poco, ricordo di aver vissuto una tempesta tropicale nel lontano 2010 quando dalla finestra della casa di Danilo a poche traverse da Ocean Drive vedevo per strada la gente anche senza la maglietta tanto era il caldo, eppure era in atto una tempesta, loro ci sono abituati.
Insomma quella volta come sono uscito dal portone sgangherato mi sono tuffato nell’umidità di Via Macomer, che non somiglia minimamente a Ocean Drive, purtroppo.
Il silenzio dominava talmente tanto che potevo sentire chiaramente una quantità di rumori infinità che solitamente nella quotidianità non si sarebbero notati, ed è stato davvero interessante restare fermi in piedi in mezzo alla strada ad ascoltare.
Sì perché c’è una enorme differenza tra sentire ed ascoltare, ma questo sfugge a moltissime persone.
Sentire, si sentono un sacco di cose, rumori di ogni genere ai quali non facciamo caso, ascoltare è quando li sentiamo e li distinguiamo comprendendo cosa siano, sorvolando sui dialoghi tra persone nei quali c’è chi interrompe l’interlocutore spiegando le sue motivazioni indiscutibili.
Ecco in quel momento nel regno del silenzio si sentivano un sacco di cose, le foglie che lo scirocco in arrivo spostava nella strada in salita mentre guardavo le nuvole andare verso il quartiere Castello, sentivo ben chiaro lo sfregamento della busta di carta nell’asfalto come il ticchettio delle zampe dei cani che si aggiravano frenetici nella tra le auto in sosta.
Era così strano non sentire il vociare del Roxy bar venti metri sotto che dopo aver richiamato i cani sono andato a vedere, ed ecco l’insolita sorpresa, tutto chiuso nonostante fosse appena la mezzanotte.
Lì davanti la strada si allarga, le auto per una volta erano anche posteggiate bene e io osservavo curioso intorno a me, nei palazzi alti alcune stanze accese, in lontananza, ma molto molto silenziose delle voci chissà in quale di quelle case, e il suono progressivo nel cielo lasciava intuire che stesse passando nel buio tra le nuvole in movimento un aereo, sicuramente in fase di atterraggio dal momento che i reattori davano l’idea di spegnersi proprio in quel momento, non si vedeva mentre guardavo verso l’alto ma con certezza stava passando sopra di noi, se fosse stato giorno avrei riconosciuto con certezza la scritta della compagnia aerea, chi non cerca di leggere la scritta tra gli oblò ogni volta che ne passa uno?!
Un colpo di tosse nel silenzio di quell’incrocio tra Via Tempio e Via Macomer rompeva il silenzio, c’era sicuramente una finestra aperta e da uno dei piani alti ho potuto udire chiaramente il rumore di uno sciacquone proveniente da qualche toilette, “ah però “ mi sono detto, chissà quante cose si potrebbero sentire ancora rimanendo qui qualche minuto in più.
Sapete, quando le finestre sono aperte, nel silenzio della notte, con un po’ di attenzione si possono sentire cose che sempre nell’immaginario collettivo possono sentire solo gli uomini bionici.
Adesso per esempio ho sentito in lontananza il garrito dei gabbiani, c’è un fruscio di sottofondo che sembra più che altro il forte vento sopra i palazzi, qualcuno sbatte qualcosa sistemando nella propria casa e in lontananza oltre il colle si sentono i fuochi d’artificio provenienti da qualche quartiere oltre il colle di San Michele che stando alle leggende cagliaritane significa che è arrivata la droga, a mezzanotte in punto quasi sempre, per la gioia dei cani terrorizzati.
Giusto il tempo di rientrare in casa dopo aver redarguito i cani con le classiche urla soffocate di chi deve sembrare arrabbiato ma non può fare chiasso, ed eccomi seduto nel mio letto, assorto nel descrivervi ciò che i sensi mi raccontano, ancora con le scarpe e la felpa addosso, con quella luce arancione della lampada al sale raffigurante l’albero della vita, poggiata nell’angolo della cassettiera tra le foglie di quelle piante più i meno grandi che compongono l’oasi verde nella mia camera da letto, una meraviglia per l’anima vedere tanta bellezza trasmettere pace.
Insomma dal momento che la stanchezza ancora non ha avuto la meglio ecco di nuovo i gabbiani echeggiare tra lo spiraglio della finestra, una, due, tre volte, tra un ticchettio e l’altro dell’orologio nella parete di fronte a me, si sentono arrivare dei passi sotto la finestra, rispetto a me da sinistra verso destra, quella persona ha fretta, la frequenza non è elevatissima ma di certo non trascina i piedi come altre volte hanno fatto certi ubriachi che strisciavano i piedi barcollando con in mano l’ultima sigaretta della serata, certo non la vedevo ma quell’odore insopportabile si riconosce sempre benissimo e la corrente creata tra le finestre socchiuse fa in modo che tale odore transiti dentro casa.
Quel fruscio sopra i palazzi, una porta che si chiude, il ticchettio dell’orologio, la brezza che entra nella stanza, apparentemente fresca ma ingannevole perché il vento di scirocco correttamente annunciato è caldo, e quella zanzara che come di consueto accade ti ronza nell’orecchio, sono solo alcuni dei suoi che echeggiano lontanamente tra le onde del silenzio di questa notte strana.
Sembra che la città sia in attesa, il quartiere, l’aria, i suoni, come sospesi nel vuoto mentre in lontananza si sente quel fruscio incalzante, le nuvole di muovono velocemente mentre le osservo nel frattempo che apro la finestra in mezzo all’oasi colorata di sale arancione, entrano dentro casa le parole della tempesta, come se volessero dirti qualcosa, distinguibili ma non codificate secondo i nostri metodi di comunicazione.