RIPETITORE IDEOLOGICO NEUROSPENTO
Non ho sicuramente la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno, piuttosto a differenza di molti se non ho qualche competenza mi prendo la briga di documentarmi e se non sono sicuro di ciò che sto dicendo sto zitto.
Ultimamente rimando molto sconfortato di fronte ad una dinamica che sembra aver ormai spazzato via ogni pensiero autonomo della gente, una sorta di tsunami mentale che si porta via tutto per lasciare spazio ad un algoritmo sociale che uniforma ideologicamente le masse. Indistintamente da quale sia l’orientamento, politico, sportivo, sociale.
IL RIPETITORE IDEOLOGICO NEUROSPENTO
Ci sono molte persone che sembrano parlare per automatismo e non per scelta, che ripetono convinzioni ideologiche senza fermarsi a riflettere, senza ascoltare davvero chi hanno davanti, senza distinguere tra ciò che pensano e ciò che hanno semplicemente assorbito. Questo comportamento non nasce da superficialità o da mancanza di intelligenza ma da meccanismi psicologici che agiscono in profondità e che sono comuni a molti di noi.
Uno di questi è il bias di conferma, cioè la tendenza a cercare e valorizzare solo le informazioni che confermano ciò che già si crede. È un modo per sentirsi al sicuro, per evitare il disagio del dubbio, per mantenere una coerenza interna che rassicura. Questo meccanismo è stato studiato a lungo e si manifesta in modo evidente quando le persone si chiudono in ambienti informativi omogenei, dove tutto sembra dare loro ragione.
Nei social per esempio questo processo viene amplificato dagli algoritmi che mostrano agli utenti contenuti simili a quelli che hanno già apprezzato. Si creano così le cosiddette Eco Chambers (camere dell’eco), dove le opinioni si rafforzano a vicenda e le alternative diventano invisibili. Chi vive in questi ambienti finisce per credere che il mondo intero debba essere a sua immagine e che chi non è d’accordo sia da escludere, o perlomeno contestare per poi cercare di convincerlo che la propria opinione sia quella corretta.
Per fare un esempio, di recente ho commentato esprimendo la mia opinione in un post su Instagram de “La Stampa” in cui il video pubblicato mostrava le immagini di un ristorante vandalizzato dai soliti disagiati che si presentano alle manifestazioni, in questo caso era una per la Palestina, cliccando qui potete vedere il post.
Il mio commento è stato il seguente:
Ma infatti questi non sono manifestanti bensì dei disagiati che approfittano degli eventi per sfogare la loro frustrazione. Solidarietà per chi subisce queste distorsioni sociali.
Come si può notare si sta evidenziando che i danni provocati non fossero da attribuire ai manifestanti per la Palestina bensì a dei teppisti e nel breve commento si esprime la solidarietà per chi purtroppo subisce appunto queste distorsioni sociali.
Il commento ha ricevuto 4575 like a dimostrazione del fatto che non sia proprio un ragionamento stupido ma in tutta risposta alcuni di orientamenti politici differenti non hanno potuto fare a meno di dare la loro contro risposta al mio commento in maniera del tutto decontestualizzata, togliendo i farneticanti ne cito uno per tutti così per far capire la disconnessione dall’argomento:
Ma la smettete di fare i buonisti e cercare sempre di trovare scuse… Siete violenti e senza rispetto… Dato che per voi siamo tutti uguali, voi siete peggio, avete solo un’unica e sola linea e pretendete che tutti siano come voi altrimenti si è tutti fascisti… Fate pena
Questo tale che lascerò anonimo ma che comunque ha commentato pubblicamente e quindi lo potete verificare cliccando il link di cui sopra, commenta con un qualunquismo disarmante generalizzando senza sapere nulla di me, del mio vissuto o di cosa faccio nella vita, non sa niente di niente eppure con un fare piuttosto giudicante si permette di sentenziare, su di me e su tutti quelli che la pensano come me.
IL BRANCO
Un altro meccanismo è il pensiero di gruppo, che porta le persone a evitare il conflitto e a privilegiare l’armonia interna anche a costo di ignorare fatti o prospettive valide. In questi contesti il dissenso viene percepito come una minaccia e chi lo esprime rischia di essere isolato. Questo non significa che le persone siano cattive o chiuse, ma che si muovono dentro una logica che premia la fedeltà e scoraggia la complessità.
Un po’ come quando un gruppo di ragazzini prende di mira il debole di turno e fa gruppo, da soli magari non si azzarderebbero mai ma nel branco, se c’è un leader negativo, loro seguono inconsapevolmente il flusso delle malefatte ignorando le conseguenze, qualsiasi esse siano.
DISIMPEGNO MORALE
Infine c’è il disimpegno morale, che si attiva quando si parla o si agisce in nome di un’ideologia e si sospende il giudizio etico personale. Si delega la responsabilità al gruppo o alla causa e si giustificano comportamenti che altrimenti non verrebbero accettati. Anche questo è stato studiato e riguarda il modo in cui le persone si difendono dal peso delle proprie scelte.
Sempre nello stesso post un altro utente palesemente orientato, al mio commento originale risponde così:
Chi organizza le manifestazioniè responsabile anche di questi soggetti…. mandiamo il conto a Landini ed alla CGIL (come diceva Salvini in una delle sue deliranti comparsate nei media)
Quindi per metterlo di fronte ai fatti gli ho risposto:
Quindi per l’aggressione dell’altro giorno da parte del gruppo neofascista a Roma chi dovrebbe risponderne?
Ovviamente lui ha divagato perché l’aggressione neofascista di Roma non solo non è responsabilità diretta della destra attuale ma conferma il fatto che sia da una parte che dall’altra si tratta di gruppi autonomi, ad ogni modo questa che segue è la breve conversazione succeduta:
Utente:
ad ogni azione… corrisponde una reazione.
Corrado:
Non eludere la domanda: Chi dovrebbe rispondere dell’aggressione neofascista a Roma? Senza girarci intorno e senza scuse o giustificazioni, ce la fai a non provare ad intortare la risposta?
Utente:
hanno provato ad entrare a CasaPound e ferito un minore…il minimo che si doveva era risponde alla provocazione.
Cosa gli si può dire ancora ad un personaggio del genere neurospento?
IL CARROZZONE
Ci sono poi loro, gli aspiranti, tutti coinvolti in qualche modo in questo genocidio, chi in modo diretto, chi perché ambisce ad entrare nella casta, chi per il quieto vivere abbassa la testa ed esegue.
Un esempio potrebbe essere quello sulle dichiarazioni attuali in merito al genocidio palestinese della presidente del consiglio Giorgia Meloni e del ministro Matteo Salvini piuttosto che Tajani i quali oggi si schierano (per convenienza) al fianco dei criminali di guerra israeliani ben noti ma quando erano in minoranza al governo ne dicevano di peste e corna. Ecco loro si adeguano a questa destra planetaria, ricca sfondata probabilmente per salire sul carrozzone, e sotto di loro fa altrettanto quella schiera di ministri, amichetti e adepti, vari ed eventuali che appunto si adeguano al pensiero di testa giustificando comportamenti che altrimenti non avrebbero mai tollerato, come appunto accadeva qualche anno fa. Incoerenti fino a dentro le ossa.
Questi meccanismi non sono patologici e non riguardano solo gli altri. Sono risposte adattive a un ambiente che spesso premia la velocità e la semplificazione, e laddove si è consapevoli subentra una certa colpa e complicità.
Se avessimo a che fare con persone neuroaccese con un minimo di empatia, riconoscere il problema sarebbe il primo passo per tenere attivo il pensiero critico e per tornare a vedere l’altro non come un nemico ma come una persona con cui si può parlare, confrontarsi ed uscire da questa quotidianità delirante per il bene comune, ma così non è.
Purtroppo siamo una società ormai in caduta libera.