Mike, coreografo dell’armonia.
Dopo una giornata lunghissima e anche un tantino stressante, con il corpo ancora un po’ scosso dall’allenamento in bici, ho deciso di premiare le buone prestazioni in sella di oggi con un paio di pizzette, un paio alla sarda ovviamente!
Ma per ottimizzare i tempi ho unito anche la passeggiata serale con i cani. Erano le 22:30 e il piano era semplice, cibo, camminata, casa, notte!
Mangiavo mentre camminavo, e passando per piazza Garibaldi ho deciso di fermarmi qualche minuto davanti alla scuola Riva, dove c’è quella terrazza ampia e sollevata dal resto della piazza. Un buon posto per lasciar liberi i cani e respirare due minuti. Mi sono appoggiato al muretto, pizzetta in mano, e ho osservato.
Sotto di me, in quell’angolo di piazza dove di solito i bambini giocano a pallone, c’era un gruppetto di sette piccoli, a occhio tutti tra gli 8 e i 10 anni, tranne un paio, forse 11 o 12. Tre bambine, una delle quali seduta, “non posso giocare perché ho le ciabattine” ha detto, e quattro maschietti. Tutti, evidentemente, figli della comunità filippina che da anni abita e anima questa parte della città.
Mi piace dirlo, perché spesso nella quotidianità ci sfuggono queste piccole verità, cioè che la comunità filippina a Cagliari è una presenza preziosa, gentile, rispettosa, profondamente corretta. E i loro bambini perfettamente integrati, cagliaritani di nascita ne sono la dimostrazione.
Li osservo mentre decidono le squadre.
In ogni gruppo, anche di bambini piccoli, emerge sempre una figura di riferimento, un piccolo leader. E devo dire che nella mia esperienza, in quest’epoca di modelli distorti e competitività distorta, spesso ho visto piccoli leader assumere ruoli negativi. Ma questa volta no.
Il leader del gruppo era straordinario!
Lo chiamerò Mike, semplicemente perché indossava una maglietta con questa scritta, e non mi sembrava il caso di interrompere quel momento per chiedergli il nome vero.
Mike ad un certo punto prende in mano il pallone, si ferma al centro e inizia a distribuire i giocatori e le giocatrici delle squadre. Ma non lo fa con autorità o con prepotenza.
Lo fa… con ritmo!
“Tu-tu-tu… ta-ta!”
Che indicando gli altri bambini in realtà voleva dire tu, tu e tu, vai là, come ad indicare una parte del campo, immaginario naturalmente…
Ma non resisteva perché già alla prima gli era venuto spontaneo tirar fuori il ritmo ed eccolo di nuovo:
“Tu-tu-tu… ta-ta!”
Alla terza volta inizia anche ad ancheggiare, trasformando quella suddivisione banale in una specie di balletto giocoso, ritmo caraibico, forse raggaetone e i compagni lo seguono, ridono, ripetono il ritmo e in pochi secondi, non stanno più formando le squadre: stanno ballando! Tutti!
Anche la bambina seduta partecipa battendo le mani.
“Tu-tu-tu… ta-ta!”
In coro. Insieme!
E poi le risate. Quelle vere, di pancia. Quelle che nascono dal puro divertimento. E infine, meraviglia, un abbraccio collettivo!
Mi sono commosso dopo aver riso, si davvero, in silenzio da quel muretto, e Mike forse mi ha anche notato.
Perché in un tempo in cui l’aggressività è spesso la scorciatoia più breve per imporsi, vedere un bambino trasformare una partita in un ballo improvvisato e condiviso, fatto di ritmo, danza, rispetto e amicizia, è qualcosa che ti rimette al mondo.
A guardarlo bene poi, Mike non era nemmeno granché col pallone… ma come leader, come “coreografo dell’armonia”, gli darei un 10 e lode!
E magari anche un contratto da animatore turistico!
“Tu-tu-tu… ta-ta!”
E così, nel cuore di una piazza, sotto le luci fioche della sera, è nata e finita una breve storia felice che volevo raccontarvi, in questo periodo storico ne abbiamo bisogno!