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🩸 Grindadráp: la mattanza dei delfini calderone nelle Isole Fær Øer

Ricordo molti anni fa, direi appena iscritti su Facebook, mi occupai presto di questa orribile pratica danese, una tradizione che ha odore di sangue più che di cultura.

Ogni anno, le coste delle Isole Fær Øer si tingono di rosso. Non è un fenomeno naturale, ma una scelta deliberata, la mattanza dei globicefali, comunemente noti come delfini calderone o balene pilota. Una pratica che, sotto il nome di Grindadráp, viene difesa dai locali come “tradizione”, mentre fuori dalle isole viene osservata con crescente orrore come una carneficina ritualizzata che non trova più giustificazione nel presente.

Le prime testimonianze ufficiali del Grindadráp risalgono al 1584, ma è probabile che la pratica fosse già in uso da secoli. Nel contesto isolano del Nord Atlantico, privo di abbondanti risorse agricole, la caccia ai cetacei rappresentava una strategia di sopravvivenza, la carne infatti serviva per sfamarsi, il grasso per illuminare le case e riscaldarsi, la pelle e le ossa per produrre utensili. In un’epoca priva di rifornimenti regolari e infrastrutture moderne, uccidere balene pilota significava vivere. Una logica crudele ma coerente con la lotta per la sopravvivenza.

Nel corso dei secoli, tuttavia, le condizioni sono radicalmente cambiate. Le Fær Øer sono oggi uno dei territori con il più alto reddito pro capite al mondo grazie alla pesca commerciale e agli aiuti del governo danese. Supermercati riforniti, energia pulita, sistemi sanitari avanzati, nulla giustifica più una carneficina di massa. Eppure, la Grindadráp continua. Non per fame, ma per identità. I giovani crescono imparando a maneggiare coltelli e uncini per sventrare cetacei spiaggiati. La mattanza diventa un rito di passaggio. Non è solo la morte di un animale, è l’esibizione di forza, la cementificazione della comunità e la spettacolarizzazione della violenza, dal mio punto di vista uno schifo!

Il copione si ripete sempre uguale.

Un branco di globicefali viene avvistato al largo, le barche locali lo accerchiano e lo spingono verso le baie, dove gli animali, disorientati e impauriti, si spiaggiano. Decine di uomini li attendono a riva, armati di coltelli, uncini e arpioni, e i cetacei vengono uccisi tra versi di dolore, sangue e convulsioni. Si tratta di una scena di orrore organizzato, spesso ripresa da droni e trasmessa in rete, tanto che molte immagini sono diventate simboli della lotta contro la brutalità ambientale.

Le autorità locali affermano che la carne viene distribuita gratuitamente alla popolazione. Ma analisi indipendenti confermano che la carne di globicefalo è pesantemente contaminata da mercurio, PCB (Policlorobifenili) e altri metalli pesanti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e lo stesso Ministero della Salute faroese hanno sconsigliato il consumo frequente, soprattutto per bambini e donne incinte. Inoltre, l’uccisione di interi branchi ha impatti devastanti sull’ecosistema. I globicefali sono specie sociali e intelligenti, con strutture familiari complesse. La loro eliminazione non è solo fisica, ma cognitiva: annienta intere reti di comunicazione e relazioni. Il sangue e i resti nelle baie provocano squilibri biologici, alterando la flora e la fauna locali.

Il 12 settembre 2021, nella baia di Skálafjørður, vennero uccisi 1.428 delfini dalla coda bianca in una sola giornata. Fu la strage più grande documentata nella storia delle Fær Øer. Molti abitanti locali si dichiararono scioccati, alcuni cacciatori abbandonarono l’associazione Grindavápsfelagið, e persino il governo ammise che “qualcosa era andato storto”. Il paradosso più grave? Gran parte della carne andò sprecata, poiché non si riuscì a distribuirla tutta.

Chi difende la Grindadráp sostiene che sia una pratica sostenibile e regolamentata. Chi la condanna la definisce barbara, inutile, dannosa e sadica. Organizzazioni come Sea Shepherd e Whale and Dolphin Conservation combattono da decenni per abolire la mattanza, spesso ostacolate dalle autorità locali e dalla burocrazia danese. Lo scontro culturale si è fatto più intenso, e mentre l’Unione Europea condanna la pratica, la Danimarca, che pure amministra l’arcipelago, si limita a mediazioni formali.

Tra le voci più forti e instancabili contro la Grindadráp c’è quella di Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd, organizzazione internazionale che da decenni documenta e combatte la mattanza dei cetacei nelle Isole Fær Øer. Watson ha definito la Grindadráp “un massacro ritualizzato e sadico”, e ha dedicato gran parte della sua vita a proteggere la fauna marina da pratiche che considera non solo inutili, ma profondamente immorali. La sua opposizione non è rimasta senza conseguenze, nel 2012 è stato arrestato su mandato del Giappone per aver ostacolato una nave baleniera, e per oltre 14 anni è rimasto nella lista dei ricercati dell’Interpol. Solo nel luglio 2025 la “red notice” è stata finalmente revocata, dopo che la Danimarca ha rifiutato l’estradizione richiesta dal Giappone. Watson ha definito questa persecuzione “una caccia politica contro chi difende gli oceani”, e ha ribadito che la sua lotta continuerà, con o senza di lui.

Sea Shepherd, sotto la sua guida e quella dei suoi successori, ha continuato a pattugliare le acque delle Fær Øer, documentando ogni anno la Grindadráp con immagini, video e testimonianze che hanno fatto il giro del mondo. Le campagne di sensibilizzazione, le petizioni e le azioni dirette hanno contribuito a portare il tema all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, anche se le autorità locali continuano a difendere la pratica come parte della cultura tradizionale. Ma come ha scritto lo stesso Watson, “con il mondo sull’orlo del collasso ecologico, gli ignoranti e gli arroganti non lasciano che le realtà ambientali rovinino la loro ossessione per l’omicidio sadico

Non è più tempo di relativismi dunque.

Il rispetto per la biodiversità, la salute pubblica e l’etica animale non può essere subordinato alla “tradizione”. Le tradizioni si evolvono, si interrogano, si abbandonano quando diventano tossiche. Così come è stato per la corrida in Catalogna, per la caccia alle volpi in Inghilterra, così deve essere per la Grindadráp.

FONTI:

  • Whale and Dolphin Conservation. (n.d.). Small whale and dolphin hunts in the Faroe Islands. https://uk.whales.org/our-goals/stop-whaling/stop-dolphin-hunts/small-whale-and-dolphin-hunts-in-the-faroe-islands/
  • Sea Shepherd Global. (n.d.). A Call for Change in the Faroe Islands Campaign. https://www.seashepherdglobal.org/latest-news/change-faroe-islands-campaign/
  • BBC News. (2021, September 15). Faroe Islands: Anger over killing of 1,400 dolphins in one day. https://www.bbc.com/news/world-europe-58555694
  • National Geographic. (2014, September 11). Faroe Island Whaling, a 1,000-Year Tradition, Comes Under Renewed Fire. https://www.nationalgeographic.com/culture/article/140911-faroe-island-pilot-whale-hunt-animals-ocean-science
  • The Guardian. (2021, September 14). Outcry over killing of almost 1,500 dolphins on Faroe Islands. https://www.theguardian.com/environment/marine-life/2021/sep/14/all
  • Greenreport. (2014, May 29). Non mangiate carne di balena, fa male alla salute. https://archivio.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/non-mangiate-carne-balena-male-alla-salute-la-denuncia-del-medico-delle-isole-faer-oer/

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